In cucina…
Preparare il cartellone di un festival dà un gusto speciale, un misto di voglia di costruire, prudenza e creatività. È il piacere di imbandire una tavola per condividere del cibo, per stare insieme e sentirsi a casa.
Per una bella cena non basta saper cucinare, come non basta saper apparecchiare la tavola o avere tovaglie raffinate e calici di cristallo: ci vuole il calore delle scelte fatte per sperimentare insieme, con affetto e rispetto, per divertirsi a scrutare le reazione degli altri a qualche spezia nuova o a qualche accostamento inusuale.
Tutto fa parte del gioco, il minestrone della nonna, come il dolcetto stupefacente che nessuno si aspetta. Il piacere della tavola comincia dal piacere di un giro al mercato, dall’annusare profumi di basilico e di arance, mentre si pensa alle persone che li assaggeranno. La progettazione della serata si mescola ai ricordi e trova equilibrio nei tempi e nei luoghi, fa immaginare l’arrivo delle portate, la luce della tavola, la concretezza delle persone sedute intorno che parlano, brindano e si guardano.
Nel momento in cui scrivo queste parole, mi viene da pensare a quelle sere in cui la cena viene turbata da qualche incidente: un acquazzone, la luce che va via, gli invitati che arrivano inquieti per qualche incidente… Ecco, gli ultimi anni di covid sono stati così, con la paura e la fatica di una preoccupazione in più. E in questo momento, attenuata forse la paura del contagio, ecco arrivare suoni di guerra alla porta di casa… Chissà se quest’estate saremo più sereni, se il cartellone che abbiamo preparato come un menu nutriente e raffinato avrà lo stesso senso di quando lo abbiamo progettato? Potremmo invece entrare in un clima di quelli che rendono la vita indigesta e tolgono il piacere del cibo e dello stare insieme.
Per un attimo si guarda la cucina e si pensa di mettere tutto in frigo e sedersi alla finestra, a guardare un mondo impazzito.
Poi torna la fame, un sano appetito di vita, di speranza e di bellezza, che va condiviso con altri, perché altrimenti non si sta più in piedi. Torna la voglia dei sapori, quasi la rabbia di volere sensazioni su cui costruire e di cercare corrispondenze negli altri su qualcosa che sia gusto e pensiero. Il cibo messo da parte torna a sembrare buono e necessario, mentre quel menu appuntato sulla carta prende con urgenza il corpo di pietanze calde da preparare con cura e servire nel piatto giusto, con il vino più adatto.
Per noi apparecchiare il Festival Amfiteatrof vuol dire questo: cercare un equilibrio di proposte, immaginare il nostro pubblico che le assaggia e ne parla con noi, pensare alle persone e ai luoghi, perché Levanto è la casa dove il banchetto si svolge e presta i suoi luoghi, le sue luci, i suoi profumi e la sua gente a questa esperienza comune. E i musicisti che invitiamo sono amici che vogliamo alla nostra tavola, a nutrirsi e a divertirsi con noi e con il nostro pubblico; li scegliamo e li accogliamo perché sentiamo importante quello che pensano e inventano, immaginando i concerti uno per uno e accostandoli come li accosterebbe un buon cuoco.
Per rimanere in tema, che c’è di buono da assaggiare quest’anno?
Spezie del Mediterraneo, sapori di abete e cipresso da antichi strumenti, il profumo di un buon libro, un bel pizzico di jazz, i frutti di alberi secolari, le follie di un elefante di legno, ritratti al pianoforte (di un Maestro che, a proposito, è davvero anche uno chef sopraffino!), gusti classici di torte viennesi, passioni argentine, un tris di assaggi fra musica, arte e teatro; infine un piattino di elettronica per chi ama assaporare cose nuove e magari anche rimboccarsi le maniche e dare un aiuto in cucina.
Gli ospiti saranno i benvenuti. È così che ritorna l’allegria e la fiducia nel mondo.
Tiziana Canfori